Questo weekend sono stata al mare e ogni volta mi rendo conto di come il mare mi fa stare bene.
Il suono delle onde, il sole che ti scotta nonostante sia solo (già?) marzo, la frescura che ti sorprende la sera, il vento che ripulisce il cielo dalle nuvole e ti fa assaggiare una bella giornata, anche quando fuori piove.
Al mare ti riempi di sabbia e mangi quando ti va, chiacchieri e fai un sacco di cose oppure chiacchieri e semplicemente stai, sei. Non c’è tanto intorno eppure c’è davvero tanto, tanto di te e di chi sta intorno. Storie, dettagli, domande improvvisate, chiacchiere lente di quelle che inizi e non sai mai quando finiranno perché potrebbero portarti ovunque.
Forse mi piace stare al mare perché al mare le regole si sospendono per un po’. A loro non piace gettarsi in acqua, a me si: mi dirigo al largo e provo cose nuove, cado e mi sporco, poi quando è ora di tornare a casa esco e loro sono lì, ad aspettarmi, come a dire: sei ancora in tempo a fare un ultimo bagno, fallo quell’esperimento, sei sempre in tempo, tanto tra poco dovrai, tornare alla normalità.
E quindi al mare (o sull’oceano?) ci torno tra davvero poco, proprio per questo motivo.
Per sospendere le regole, esplorare, nuotare in quelle opportunità in cui per ora non mi sono ancora tuffata.
E mi viene da chiedermi chi l’avrebbe mai detto, che io sarei stata una persona di mare?
Posso farti una domanda scomoda?
Quando ascolti l’esperienza di qualcun altro, guardi le storie di qualcuno, ti poni spesso tra un “mi piacerebbe” e un “questa non potrei mai essere io”. Ti poni sempre in quel mezzo che rimane una possibilità, come se in qualche modo quella cosa non potrebbe mai capitare a te.
La scorsa settimana riguardo ad un’esperienza che da sempre mi affascina mi sono rigirata la domanda:
“E se io fossi una di quelle persone?” E se in me ci fosse l’essere così?
Beh qui vi faccio il primo spoiler, sto per andare a scoprirlo
See you very soon