Staccarsi.
Se ci pensi ogni cosa che cresce implica un atto di distacco. C’è un momento in cui qualcosa si stacca, si lascia andare, ponendo fine ad una fase A, per dare inizio ad una fase B, un’evoluzione.
Penso a un frutto che si stacca quando è maturo, a fiori che si staccano dagli alberi quando è il loro tempo, al bruco che piano piano cambia aspetto per diventare farfalla. Ma anche al pulcino che esce dall’uovo, o agli adesivi che prima o poi si staccano dalla superficie su cui li avevi attaccati.
Come a dire “è finito questo tempo”, non ti rappresento più, lascio il posto per qualcos’altro.
Poi penso a quante volte evitiamo che le cose si stacchino ad ogni costo, ci mettiamo colla su colla e metri di nastro adesivo. Penso ai vecchi poster che tengo in cucina con almeno 5 tentativi di riattaccamento, di cui mi accorgo ogni volta che cadono e ricadono.
Si staccano, ma li riattacco, perché mi sento meglio se è tuto uguale a prima.
O meglio, mi sento di conoscere, di potermi prevedere.
Poi penso che forse il distacco non è solo qualcosa che puoi fisicamente vedere, ma è soprattutto qualcosa che puoi sentire. Legami che si allentano, posti che si svuotano, persone che cambiano, abitudini che smettono di essere tali.
Una malinconia buona, direi ora.
Staccarsi per crescere, come il frutto che si stacca quando è maturo, o per abitare un posto più adatto alla te che cresce e cambia forma, come il pulcino che esce dall’uovo.
Anche in questo caso hai sempre due opzioni.
Puoi metterci il nastro adesivo e rimanere nel guscio che conosci, convincendoti che fuori sia tutto uguale.
Oppure puoi accettare che lo staccarsi a un certo punto è naturale, così come è naturale che tu non abbia quelle braccia lunghe per tenere insieme ciò che si allontana.
E ti prepari ad essere seme, fiore, farfalla. Ad attaccare un nuovo adesivo, a trovare un nuovo poster che ti rappresenta meglio, a sentirti di nuovo al tuo posto, in un posto nuovo.